All’interno de “Il Quadrante”, pubblicazione specializzata di architettura razionalista e aperta a dibattiti letterari, artistici e musicali, che ebbe all’epoca un respiro internazionale e cosmopolita, trovò ampio eco la mostra del Milione del ’34, riguardante i disegni della Scuola di Arti Applicate di Cantù, diretta da Fausto Melotti. Carlo Belli, intellettuale italiano, che ha avuto una posizione di spicco nel dibattito artistico degli anni Trenta, così ne riporta scrivendo:
«La scuola di Cantù è una stanza con dentro un giovane insegnante … voi cari amici del Milione, voi sapete la differenza, ed è proprio per mettere di fronte due mondi, quello vero e quello falso, che allestite adesso questa esposizione di idee: un saggio commovente di quel buon senso che è tanto nemico del senso comune.
A volte i disegni e le pitture di questi adolescenti ci appaiono come la fioritura di un impulso misterioso: escono da una lotta contro un’oscura gravitazione spirituale e si liberano con uno strappo dalla custodia secolare dei pregiudizi. Che cosa sono essi? Idee.
Se così è, come è, non ci sentiamo più tremare la penna in mano scrivendo che si tratta di materia creata: non dunque di modelli rappresentati, ritratti, interpretati; ma di invenzione.
Chi guida la mano a questi ragazzi è un estro poetico delicato e profondo: esso giunge da zone pure, non ancora violate dalla muffa dei concetti. Forse è troppo affermare che i giovani di Cantù “partono” con il proponimento di risolvere qualche cosa che esce dalla portata di un problema decorativo: ascendono alla pittura, e il caso si avvera più di una volta, essi nemmeno lo sanno. L’invenzione li porta così in alto.
Ma se questa non fosse ogni volta sostenuta da equilibri formali e tonali spiritualmente controllati da una intuizione precisa, è chiaro che si avrebbe il contrario di quanto si ammira, giacche in questo campo la condanna per ogni minima insufficienza, è il Liberty. Noi non sappiamo come Fausto Melotti sia riuscito a condurre questo drappello di ragazzi sulla strada delle idee, egli dice di averli lasciati fare, ma qui si cela quel pudore che è l’orgoglio del maestro. … Questa evasione è certamente la prima del genere che si compie in Italia. Melotti che l’ha preparata con tranquilla coscienza, e con vivo amore, potrà vantare in ciò una precedenza assoluta.
Fausto Melotti è riuscito a ottenere il prodotto genuino di ogni cervello affidato alle sue cure: per eccellenza, il procedimento inverso a quello in uso nella scuola, dove l’insegnante è chiamato a imbottir crani anziché ad estrarre da questi le idee. Ancora una volta la logica contro la scuola. Pensare col proprio cervello. La morale che nasce da questo proponimento genera espressioni talmente alte, e questa esposizione lo dimostra, da mettere in una specie di imbarazzo chi volesse trovare per esse una definizione … Noi non sappiamo pensare ai saggi della scuola di Cantù, se non come una nuova, straordinaria, originalissima forma d’arte. Chi produce queste “cose” non tocca i vent’anni. A quell’età, più che l’opera, si chiede l’intelligenza per l’opera: e questa c’è, magnifica, lucente e viva.»
«Tre anni fa è stato istituito alla Scuola Professionale del Mobile di Cantù un corso di plastica moderna. L’aggettivo non è senza scopo, che questo doveva essere un corso speciale atto ad indirizzare gli allievi ad un gusto moderno, per aiutare e completare in certo qual modo la riforma, già in atto nell’architettura e nella costruzione del mobile. In questo corso che mi venne affidato, mi fu sulle prime tutt’altro che facile imporre ai giovani di ripudiare lo stupido mestierantismo cui erano avviati … l’insegnamento artistico deve rivolgersi al mestiere o all’intelligenza? Chi esce da una scuola d’arte deve essere pronto a fare o a creare? Testa o mano? La vecchia dibattuta questione delle accademie è certo tutta qui. Noi crediamo che all’arte si arrivi traverso l’arte, frutto di intuito personale: perciò tutto il nostro sforzo consiste nell’insegnare il piccolo eroismo di pensare col proprio cervello… Un altro deve essere invece il coraggio di chi insegna: disprezzare la propria eco. Naturalmente questo per quanto riguarda la creazione; chè per quanto riguarda le idee estetiche il discorso cambia. Queste non possono essere che le mie (è quasi impossibile del resto che un giovane possa crearsi ex-novo un sistema estetico). E questa è l’Accademia: cercare di muovere tutti i cervelli in una sola direzione. Unico modo di tendere alla perfezione. Grecia. Idea di gerarchia. L’arte astratta ci da oggi la possibilità dell’Accademia. Il risultato è analizzabile, com’è analizzabile una fuga con le teorie del contrappunto e della fuga, una poesia con la metrica.
Tutto ciò è di estremo aiuto per l’insegnamento. In parte anche il contenuto emotivo è in rapporto al modo più o meno originale di applicare le leggi dell’armonia e della composizione. Ed è proprio nello spirito di queste leggi che risiede la classicità, queste leggi che nella storia dell’arte vengono dimenticate ogni tanto per secoli. Vedi Severini “du cubisme au classicisme”. Nel qual libro di Severini io vorrei fossero trattate (visto che nella composizione non solo vi sono degli spazi, ma agiscono anche delle forze) oltre alle leggi geometriche, anche le leggi fisiche della composizione delle forze (statica, cinematica). Confronta anche nell’architettura moderna la riscoperta delle costruzioni armoniche, moduli ecc.»
“Poiché la libertà di questi ragazzi non è stata toccata, essi hanno potuto trovare di questo loro mondo le proprie forme, dirette con l’immediatezza voluta dalla prepotenza del dettato interiore, che fa loro superare ogni povertà e ogni grigiore della materia e dei mezzi.
Sono gli ammonimenti di questa libertà che ci hanno convinti di dover portare l’arte anonima di Cantù – naturalmente in una selezione severissima – a quella ribalta della polemica artistica che sono le nostre sale, concludendo con essa la nostra quarta stagione di mostre intese a forzare il gusto e le idee dell’incultura artistica italiana.
Dopo che abbiamo portato in Italia l’opera di Kandinskij non ci si potrà accusare di amare un’arte intuitiva e primitiva. Ma dopo che avremo presentato questi sbalorditivi risultati di ragazzi, non ci si potrà più accusare neppure di amare un’arte cerebrale e di puro gusto.
Noi dovremo a questi ragazzi quello che si dovrà finalmente riconoscere alla nostra polemica, di esigere che i valori dell’arte vengano cercati al di là dell’apparente, del luogo comune e del sedentarismo.”
Nel Quadrante di giugno-luglio del 1934, troviamo l’unico disegno di Franco Daverio salvato dalle bombe della seconda guerra mondiale, facente parte della personale raccolta di Fausto Melotti e che, insieme alla riproduzione di quello pubblicato sulla copertina del Milione nel 1933 e di alcuni altri riprodotti in pubblicazioni dell’epoca, testimoniano come Daverio lavorasse con un linguaggio visuale di forme, colori e linee che non era una rappresentazione della realtà, concetto espresso dall’astrattismo.