Sculture, dipinti, disegni e oggetti dal 1933 ad oggi, in mostra al Teatro Sociale, nell’atrio della biblioteca A. Mai e nella galleria Vanna Casati di Città Alta dal 2 al 30 giugno 1995.
Un interminabile, fantasioso, enigmatico pensieri unico, l’opera artistica di Franco Daverio.
Dalle indisciplinate estrinsecazioni con le quali invadeva i suoi quaderni di giovane scolaro, suscitando i rimproveri del maestro, scandalizzato dal disordine di quell’allievo così originale, alla altrettanto apparentemente indisciplinata invasione di ogni spazio della sua casa da parte delle opere che, ancora oggi, nascono, senza sosta, dalla inesauribile creatività della sua straripante fantasia , forse poco è cambiato nello spirito di questo artista.
Semplice la sua biografia: nasce a Erba il 9 Aprile 1917, frequenta la scuola di Arti Applicate di Cantù dove incontra Fausto Melotti suo docente di Plastica Moderna negli anni Trenta.
“Certo” come annota Fagone nella sua presentazione al catalogo “una traccia di quel creativo insegnamento è rimasta, ben riconoscibile, nel modo di operare e di riportarsi ad un libero universo fantastico che caratterizza l’opera multiforme di Franco Daverio “.
Al suo esordio, precoce e fortunato, nel mondo dell’arte: illustra una delle prestigiose copertine della rivista della Galleria “Il milione” Di Milano dove espone, in una collettiva della Scuola d’Arte, anche parecchi disegni (ammirati da Le Corbusier e che successivamente distrutti da un bombardamento) non fa seguito poi una altrettanto frequente impegno espositivo.
“Al confronto” come ben intuisci Bruno Talpo, “predilesse l’opera alchemica”, “il gioiello” introspettivo quasi che esibire alla luce naturale i propri “oggetti d’arte” rischiasse di distruggerli o disperderli, smarrendo con ciò la chiave del proprio labirinto interiore“.
Il lavoro creativo prosegue intenso, senza ripensamenti né crisi, sempre coerente a se stesso anche se le opere raccontano i segreti amori di questo silenzioso artista per i primitivi, per i misteriosi Sumeri, per i grandi cicli medievali e, non ultimi, per Brancusi e Moore.
Nascono così dalle sue mani sculture come “ fantasmi che hanno memoria di una cultura antica, radicata nella materialità certa delle cose”. (Vittorio Fagone).
La sacralità profonda, ancestrale di Daverio trova un grande momento espressivo nel Crocefisso in legno donato al Papa ed ora conservato nella Grande Sala delle Udienze “Paolo VI”.
“In lui e la mano ad ascoltare” dice Don Giuseppe Sala “a bussare, ad accogliere, ad accarezzare…”.
E se un incontro autentico avviene, se l’opera vera nasce questa sarà semplicemente “bella” o meglio – se detta in greco “kalos”, cioè chiamata…
“ Le creature “ di Franco Daverio, come le definisce Mirando Haz , “si contorcono in linee sottilissime o attorcigliate o accresciute o arricchite da tocchi di colori raffinati. Siamo immersi nella raffigurazione più sfrenata, ricca di simbologie spontanee con metamorfosi tra abitanti del mondo ittico e stravaganti augelli”.
“Arte del silenzio” quella di Daverio da ascoltare con il cuore rispettandone il mistero e la gratuità.
(Dal comunicato stampa della Mostra) Centro Culturale N.Rezzara
Link al testo originale file:
Mirando Haz.pdf
comunicato stampa mostra.pdf